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La Rai cancella “Il Caffè” di Pino Strabioli: cosa resta della cultura in tv?

Programmi tv. Via Il Caffè, via la cultura: la Rai cancella il programma di Pino Strabioli – Qualche mattina fa ripensavo a quei format che sembravano piccoli angoli di grazia nella tv generalista. E mi è tornato in mente Pino Strabioli, che con il suo programma Il Caffè, su Rai 1, ha saputo costruire uno spazio di riflessione gentile e profonda, senza mai scadere nel didascalico. L’ho conosciuto anni fa, quando lavorava accanto a Paolo Poli, gigante dello spettacolo, ed era già chiaro che la sua forza fosse quella di un narratore più che di un conduttore. Uno che la cultura la sa maneggiare con delicatezza, proprio perché, al pari di chi scrive, la ritiene un bene fragile quanto prezioso. Per questo la notizia che Il Caffè sia stato cancellato mi lascia un senso di vuoto, di profonda tristezza. Perché non è solo un programma in meno: è una visione che si spegne.

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Non solo una trasmissione culturale

Il Caffè era (ed è, per chi ci crede ancora) molto più di un contenitore del sabato e della domenica. In un’ora di tempo, tra parole e immagini, il format di Pino Strabioli riusciva a parlare di teatro, musica, libri, con un tono confidenziale, lontano dalle urla del prime time e dal sensazionalismo che impera in tv. In quel salotto sono passati attori, scrittori, registi, critici, storici. Ma soprattutto sono passate idee. E Strabioli, con il suo modo discreto e curioso, è sempre riuscito a mettere al centro l’altro, a far emergere sentimenti, emozioni e riflessioni. Ha fatto cultura senza farla pesare. E questo, oggi, lo si può definire un atto quasi rivoluzionario.

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Archiviato “Il Caffè” di Strabioli: cosa resta della cultura in tv?

Pino Strabioli, nell’intervista rilasciata al Corriere della Sera, non ha nascosto tutta la sua amarezza: “Lavoro in Rai da 32 anni e mi dispiacerebbe non restare in questa casa del servizio pubblico”. Il conduttore ha poi evidenziato: “Il Caffè è una delle pochissime trasmissioni che parlano di libri, con ottimi ascolti e costi irrisori”. Una riflessione che pesa, perché tocca un nervo scoperto: cosa resta della cultura in televisione? Perché cancellare un format che ha saputo creare un pubblico fedele, curioso, partecipe? Chi conosce Pino Strabioli sa che porta con sé un’eredità teatrale e culturale importante. Non solo per il legame con Paolo Poli, di cui parlavamo poc’anzi, ma per il suo lavoro di recupero della memoria artistica italiana: le interviste agli attori, le trasmissioni su grandi figure dimenticate, i racconti sul palco. È un uomo che fa cultura con misura e amore, che non recita la parte dell’intellettuale. Come dimenticare trasmissioni sue come “Colpo di scena” o “E lasciatemi divertire…”?

Perché vale la pena difendere Il Caffè

Eliminare Il Caffè dal palinsesto Rai non è una scelta neutra. È un segnale. Vuol dire che forse non c’è più spazio per un tipo di televisione che non grida, che non insegue il consenso istantaneo, che non usa la cultura come arredamento ma come strumento di crescita. È lecito chiedersi oggi: davvero oggi non c’è posto per un programma come “Il Caffè”? Davvero i vertici di Viale Mazzini non riescono a ritagliargli uno spazio, magari altrove, magari in orari diversi, ma con la stessa cura? Il pubblico c’è. E ha fame di contenuti intelligenti, di stimoli che vadano oltre i soliti schemi. Il pubblico non è composto solo da spettatori passivi: ci sono lettori, spettatori di teatro, studenti, insegnanti, giornalisti, appassionati, persone curiose. A loro, oggi, si sta togliendo qualcosa.

Difendere il lavoro di Strabioli significa difendere una visione della tv pubblica: quella che serve la cultura, la racconta, la rende accessibile, senza semplificare. Significa ricordare che il servizio pubblico è anche (e soprattutto) questo: dare spazio a ciò che ha valore, anche quando non fa rumore. Lasciare che Il Caffè scompaia così, in silenzio, è come dire che la cultura non serve più. Io non ci sto. E spero di non essere sola.

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