
Ci sono figure che attraversano la storia non da semplici spettatori, ma da narratori capaci di trasformare la cronaca in testimonianza. Sono le voci che ci hanno spiegato il mondo, spesso prima che avessimo gli strumenti per capirlo. Hanno viaggiato, osservato, tradotto eventi e contesti lontani per portarli nelle case degli italiani con rigore, lucidità e passione. Il giornalismo, nelle sue forme più alte, ha questa funzione: raccontare per far comprendere, analizzare per far riflettere. In un’epoca in cui l’informazione corre e si frantuma, la figura del corrispondente resta simbolo di un mestiere che ha ancora il dovere di essere profondamente umano. (Continua dopo le foto)
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Chi ha vissuto la seconda metà del Novecento e l’inizio del nuovo millennio ha avuto modo di conoscere e riconoscere queste voci. Alcune hanno accompagnato momenti drammatici della storia, altre hanno documentato i cambiamenti sociali e politici con un equilibrio difficile da raggiungere. Tra queste, c’era chi l’America non l’ha solo raccontata, ma l’ha saputa decifrare, interpretare e contestualizzare con intelligenza e competenza. Era una voce ferma, distinta, autorevole. Ed è una voce che oggi si è spenta.
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