Pupi Avati rivela di non avere un soldo da parte e lancia un’idea per risollevare il cinema
Colpa della fine del tax credit, imposta dell’esecutivo guidato da Giorgia Meloni? «Il governo non può permettersi il lusso di lasciar morire il cinema perché erroneamente lo considera una cosa fatta da gente di sinistra e destinata a elettori di sinistra. Sarebbe uno sbaglio madornale. Com’è noto ho sempre votato al centro, spesso per Forza Italia; ma questo non ha mai rappresentato un pregiudizio che mi impedisse di apprezzare o di non apprezzare i miei colleghi a seconda della loro appartenenza politica. Ci sono registi e produttori straordinari anche oggi, sono patrimonio del Paese. È il loro coinvolgimento che ci occorre se vogliamo far rinascere il cinema italiano; il governo e l’opposizione ci dedichino un momento del loro tempo prezioso immaginando una rinascita del nostro cinema. Che oggi è fermo, immobile: due anni fa, se cercavi un macchinista, non lo trovavi neanche pagandolo a peso d’oro; oggi di macchinisti ne trovi quanti ne vuoi, non sta lavorando nessuno», ha spiegato Pupi Avati. Il regista ha poi proposto un’idea. (continua a leggere dopo le foto)
Pupi Avati svela di non essere ricco e chiede un ministero ad hoc per il cinema: l’appello al governo
«Detto col massimo rispetto della presidente Giorgia Meloni e del ministro Alessandro Giuli, c’è bisogno di togliere delle competenze dal ministero della Cultura e creare un ministero ad hoc per il cinema, gli audiovisivi e la cultura digitale», ha dichiarato al «Corriere» Pupi Avati. Non basta già il ministero della Cultura? «Il cinema, inteso come film o come serie televisiva o in qualunque forma si vada proponendo, viene già fruito nei modi più difformi. Il suo presente è estremamente complesso e lo diverrà sempre più. Non può esistere un ministero che contemporaneamente si occupi di Uffizi e di Netflix perché sono cose troppo diverse. Meritiamo un ministero! Se lo si è fatto separando la scuola dall’università, mi sembra sia giunta l’ora di separare la produzione di un film o di una serie dalle celebrazioni dei duemilacinquecento anni di Napoli. Ne ho parlato con molti autorevoli colleghi trovando in loro quell’incoraggiamento che mi occorreva per lanciare questo appello». Se avesse continuato a vendere surgelati non avrebbe avuto però fama, successo e si sarebbe perso tanti incontri, come quello con Pier Paolo Pasolini. «A quest’ora sarei ricco, probabilmente vivrei una qualche esistenza imbalsamata senz’altro fuori dall’Italia. Però…», ha sentenziato Pupi Avati.