
Il caso Garlasco si riaccende con nuovi sviluppi che potrebbero rimettere in discussione l’intero impianto accusatorio contro Alberto Stasi, condannato in via definitiva per l’omicidio di Chiara Poggi. Il suo pool legale rilancia infatti una nuova pista: Andrea Sempio, amico del fratello della vittima, ora indagato, sarebbe l’autore dell’impronta trovata vicino al corpo. Gli avvocati parlano di un contatto palmare “intenso”, compatibile con chi si regge al muro, non con una semplice discesa dalle scale.
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La difesa di Stasi: «Quell’impronta è di Sempio, non casuale»
Il pool legale di Alberto Stasi torna alla carica puntando sull’impronta ritrovata accanto al cadavere di Chiara Poggi, all’interno della villetta di Garlasco. Gli esperti incaricati dalla difesa avrebbero identificato l’impronta come appartenente ad Andrea Sempio, il giovane amico del fratello della vittima oggi sotto indagine.
Come riportato dal Tg1, gli esperti parlano di «un contatto palmare intenso, non compatibile con una normale discesa per le scale». L’interpretazione fornita è chiara: non si tratterebbe di una semplice impronta lasciata accidentalmente, ma del segno di chi avrebbe fatto pressione con tutto il corpo sul muro, forse per non cadere o per sorreggersi.
Delitto di #Garlasco: l’Impronta di #Sempio trovata accanto al cadavere di Chiara è intrisa di sudore e sangue. Queste le conclusioni della consulenza della difesa di Alberto Stasi. pic.twitter.com/WyN2oTqGNF
— Tg1 (@Tg1Rai) July 25, 2025
Convergenza con le analisi della Procura
Sul piano dattiloscopico, la difesa sottolinea un’importante convergenza con le analisi già condotte dalla Procura di Pavia. I risultati combaciano con le valutazioni del capo della dattiloscopia del RIS e del consulente esterno della Procura. La traccia, definita “Traccia 33”, è da mesi al centro di un acceso dibattito tra difesa e accusa.
Tuttavia, la richiesta di incidente probatorio presentata dall’avvocato Gian Luigi Tizzoni, legale della famiglia Poggi, è stata respinta dalla Procura. «Il Codice prevede che si indaghi anche nell’interesse dell’indagato. Qui invece si fanno indagini nell’interesse del condannato ma non si accolgono le nostre richieste», ha dichiarato furioso Tizzoni al termine dell’udienza.
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