
La tragica parabola di Emanuele De Maria, 35 anni, si è conclusa nel modo più drammatico possibile: un suicidio dal tetto del Duomo di Milano. Ex detenuto in permesso lavorativo, era ricercato per l’accoltellamento di un collega e sospettato della morte della collega Chamila Wijesuriya. Dietro la sua caduta, un intreccio oscuro di gelosie, disperazione e segnali mai compresi. E quella telefonata fatta subito dopo il delitto è un dettaglio macabro che si aggiunge ad una vicenda dai contorni inquietanti.
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Un passato violento dietro l’immagine del detenuto modello
Condannato a 14 anni di carcere per l’omicidio di una prostituta di 23 anni, De Maria stava scontando la pena nel carcere di Bollate, con un permesso di lavoro esterno presso un hotel di Milano. Le sue referenze, secondo gli operatori penitenziari, erano buone: “Un detenuto modello”, si diceva. Eppure, dietro quell’apparente reinserimento si celava un passato irrisolto e una personalità instabile. De Maria avrebbe sviluppato un attaccamento ossessivo nei confronti di Chamila, collega al bar dell’hotel Berna. Secondo alcune testimonianze, un altro collega – Hani Fouad Abdelghaffar Nasr – avrebbe cercato di dissuadere Chamila da un rapporto più stretto con lui, diventando così, forse, il bersaglio del secondo gesto violento.
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Gli oggetti trovati addosso: segni di un’ossessione
Il corpo di Emanuele De Maria viene trovato con elementi inquietanti addosso: la foto del documento d’identità di Chamila, strappata, e una ciocca dei suoi capelli. Elementi che confermerebbero un legame morboso e non corrisposto. Gli inquirenti ora devono ricostruire nel dettaglio le ultime 48 ore dell’uomo: dal presunto omicidio nel parco all’agguato, fino alla morte nel cuore della città. Un caso che fa emergere gravi falle nel sistema di reinserimento dei detenuti, ma anche interrogativi profondi sul modo in cui si monitorano situazioni emotivamente a rischio. Chamila, 50 anni, madre e lavoratrice stimata, è rimasta sola di fronte a un pericolo che nessuno ha saputo leggere in tempo.
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