“So dove volete andare a parare…”
L’occasione per tornare sull’argomento è stata una conferenza stampa ben lontana dai campi da tennis: lo svelamento delle medaglie olimpiche di Milano Cortina 2026. Eppure, una domanda è arrivata, inevitabile. Lei ha sorriso, con quel tono da chi sa già la trama: “La vittoria di Sinner? Meritata. So dove volete andare a parare, ma niente da fare”. Fine. Nessun ulteriore commento, nessuna replica velenosa. Niente ritrattazioni. Una chiusura elegante, sbrigativa: come dire, non ci casco di nuovo.

Tra sport, tifo e…
Il punto, in fondo, resta sempre lo stesso. È possibile in Italia fare una riflessione seria su temi delicati come il doping, la comunicazione istituzionale e la disparità di trattamento mediatico? È lecito chiedersi se l’amore per un campione giustifichi ogni forma di immunità? Federica Pellegrini ha sollevato una questione. L’ha fatto senza accuse, senza toni scandalistici, da sportiva che conosce bene il sistema. Ma il Paese delle tifoserie ha risposto con il consueto processo sommario, dove la fedeltà all’idolo viene prima di tutto. Intanto, Jannik Sinner si gode la sua vittoria. E giustamente: ha vinto, ha lottato, ha scritto la storia. Ma il punto non è mai stato lui. Il punto è sempre come reagiamo quando qualcuno ci chiede di guardare un po’ oltre il boato dell’applauso.