
Due consulenze, due verità agli antipodi e un mistero che, a distanza di anni, non smette di infittirsi. Il caso di Liliana Resinovich, scomparsa il 14 dicembre 2021 e ritrovata senza vita il 5 gennaio 2022, continua a sollevare interrogativi inquietanti. Tra ipotesi di suicidio e piste omicide, ora emerge un nuovo elemento che sta scuotendo le indagini: il giallo di un possibile sosia.
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Due consulenze, due scenari opposti
Le prime crepe nell’inchiesta nascono dalle divergenze tra le consulenze medico-legali. Da una parte c’è la relazione di Cristina Cattaneo, che colloca la morte di Liliana nel giorno stesso della scomparsa, ipotizzando un’asfissia provocata da terzi. Dall’altra, l’analisi di Costantinides, che sposta il decesso a ridosso del ritrovamento e sostiene la pista del suicidio. Tra questi due estremi, la difesa di Sebastiano Visintin – vedovo della donna e unico indagato per omicidio – torna a battere sulla possibilità che Liliana si sia tolta la vita. Un dettaglio riportato dalla consulenza Cattaneo, secondo cui la vittima potrebbe essere stata soffocata con un braccio intorno al collo, viene messo in discussione dal medico legale Raffaele Barisani, consulente di Visintin.
“Questo tipo di soffocamento provoca normalmente petecchie nella congiuntiva, puntini rossi nel bianco degli occhi. In questo caso non sono stati rilevati”,
ha spiegato Barisani a Chi l’ha visto?, ipotizzando invece una “plastic bag suffocation” – soffocamento tramite sacchetti di plastica. Ipotesi considerata e poi scartata da Cattaneo per la mancanza di alcol o farmaci nel corpo della donna, elementi solitamente associati a questa modalità suicidaria.
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