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Caso Yara Gambirasio, arriva una nuova svolta nelle indagini: i nuovi indagati

Nuova svolta nelle indagini sul caso di Yara Gambirasio, la ragazzina 13 anni di Brembate di Sopra (Bergamo) scomparsa il 26 novembre 2010 e ritrovata assassinata il 26 febbraio 2011. Il relativo procedimento giudiziario si è concluso il 12 ottobre 2018 con la definitiva condanna all’ergastolo di Massimo Giuseppe Bossetti, riconosciuto come unico colpevole. Come riportato dal Corriere della Sera, ora la procura di Venezia ha iscritto nel registro degli indagati altre due persone per frode in processo e depistaggio. Vediamo nel dettaglio cosa sta accadendo. (Continua a leggere dopo la foto)

Caso Yara Gambirasio, arriva una nuova svolta nelle indagini: i nuovi indagati

Nuova svolta nel caso di Yara Gambirasio. La procura di Venezia ha iscritto nel registro degli indagati il presidente della Prima sezione penale del tribunale di Bergamo, Giovanni Petillo e la funzionaria responsabile dell’Ufficio corpi di reato, Laura Epis. Per entrambi l’ipotesi è quella prevista dall’articolo 375 del codice penale: frode in processo e depistaggio. Come riportato dal Corriere della Sera, l’inchiesta nasce da una denuncia presentata nel giugno del 2021 dagli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini, difensori di Massimo Bossetti, alla procura veneta. Secondo loro qualcuno potrebbe aver occultato deliberatamente 54 provette contenenti il DNA che è costato l’ergastolo all’imputato.

Il sospetto della difesa è che “il materiale confiscato sia stato “conservato in modo tale da farlo deteriorare” vanificando la possibilità di effettuare nuove indagini difensive”. Nei mesi scorsi sarebbero stati ascoltati diversi testimoni e ora l’indagine sembrerebbe vicina alla chiusura “e, sempre stando alle indiscrezioni, finora non sarebbe emersa alcuna prova di un comportamento doloso”. (Continua a leggere dopo la foto)

Le parole dell’avvocato Claudio Salvagni

L’avvocato Claudio Salvagni, come riportato da Libero, ha dichiarato: «Pendono altri due ricorsi in Cassazione per ottenere l’autorizzazione a riesaminare quei reperti, che però ancora non sappiamo in che condizioni siano e che tipo di danni possano aver subito trasferendoli dall’ospedale San Raffaele, dove erano custoditi inizialmente, ai magazzini dell’Ufficio corpi di reato». Poi l’avvocato ha aggiunto: «L’obiettivo della denuncia è proprio di sapere se sono ancora utilizzabili o se qualcuno, magari interrompendo la catena del freddo indispensabile per la buona conservazione dei campioni, abbia compromesso per sempre la possibilità di effettuare dei nuovi studi sul DNA di ‘Ignoto 1’».

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