
Il caso di Garlasco continua a essere al centro dell’attenzione pubblica e giudiziaria a quasi vent’anni dal tragico omicidio di Chiara Poggi. Era il 13 agosto 2007 quando la giovane venne trovata senza vita nella sua abitazione di via Pascoli. L’indagine, che aveva già portato alla condanna definitiva di Alberto Stasi, ex compagno della vittima, si è arricchita negli anni di nuovi elementi e misteri ancora irrisolti. Tra questi, spicca la questione relativa a una traccia genetica maschile, isolata all’interno della bocca della vittima e attribuita a un soggetto denominato “Ignoto 3”. Questa presenza genetica, non riconducibile a persone note o agli operatori intervenuti, rappresenta oggi uno degli aspetti più complessi e dibattuti.
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I dubbi sulla traccia di Ignoto 3
Secondo i risultati dei laboratori, il profilo genetico di Ignoto 3 risulta completo e di qualità tale da escludere errori tecnici di campionamento. Nonostante ciò, rimane il dubbio che tale traccia possa costituire il risultato di una contaminazione accidentale, forse avvenuta durante le operazioni autoptiche. Anche i consulenti nominati dalla famiglia Poggi non scartano questa ipotesi: la presenza del Dna sconosciuto avrebbe potuto derivare da procedure non perfettamente sterili, oppure dal contatto con materiali contaminati. Questa possibilità, seppur considerata estrema, è oggetto di discussione tra esperti di medicina legale e ha portato a ulteriori verifiche sulle modalità con cui sono stati effettuati i prelievi.

Il rischio della contaminazione
Il coinvolgimento di nuove figure professionali e l’attenzione di specialisti esterni hanno riacceso il dibattito sulle modalità e sulle tempistiche delle analisi svolte all’epoca. In particolare, è emerso che la raccolta della traccia genetica sarebbe avvenuta tramite una garza, anziché con un tampone sterile, come invece indicato nella relazione autoptica. Questo dettaglio tecnico ha sollevato domande sulla sicurezza delle procedure e sul rischio di contaminazione incrociata tra diversi materiali biologici presenti in sala autoptica.
Tra i professionisti coinvolti nelle nuove indagini figura il professor Alberto Bonsignore, responsabile dell’Istituto di Medicina Legale dell’ospedale Gaslini di Genova, che ha fornito un parere tecnico durante la trasmissione Zona Bianca. Bonsignore ha dichiarato: “Da quello che abbiamo potuto apprendere, nella relazione autoptica si parla di tampone orofaringeo mentre poi sembrerebbe che il prelievo che è stato eseguito, è stato eseguito tramite una garza”. Il medico ha sottolineato come la garza, rispetto a un tampone sterile, sia più esposta a rischi di contaminazione, poiché viene aperta all’inizio dell’autopsia e lasciata a disposizione degli operatori, a differenza del tampone che rimane sigillato fino all’uso.
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