
Il caso Andrea Sempio e la discussione sulle prove
Durante l’intervista, è stato affrontato il tema del DNA trovato sotto le unghie della vittima, in passato associato ad Andrea Sempio. Bruzzone ha dichiarato: «Chi lo dice che è di Sempio? Già nel 2014 il consulente De Stefano lo aveva dichiarato inutilizzabile per fini comparativi, dato che il materiale era degradato. Anche Emiliano Giardina, primo perito incaricato e poi sostituito dalla Procura, la pensava così. Oggi quel materiale non esiste più, resta un tracciato sulla carta. Sarà interessante vedere cosa dirà la nuova perita, Denise Albani, ma siamo ben lontani da una prova».
L’impronta 33 e la valutazione degli elementi raccolti
Tra gli elementi valutati dagli inquirenti, vi è la cosiddetta “impronta 33”, rilevata sul muro della scala che porta alla cantina. Bruzzone frena sulle sue implicazioni: «Ho chiesto un parere a colleghi esperti, prima che ci fossero le consulenze di parte, e tutti mi hanno detto che si tratta al massimo di sei o sette minuzie coincidenti. E poi: se questa impronta fosse così rilevante, perché non è stata inserita in un incidente probatorio?».


Prospettive sulle indagini e conclusioni
In merito alla possibilità che emergano nuovi elementi attraverso accertamenti tradizionali come scritti personali o profili psicologici, Bruzzone mantiene una posizione prudente. Sottolinea: «Se ci fosse qualcosa di concreto, ci sarebbe già stata una misura cautelare. L’ossessione per quella traccia di Dna nel tampone orale mostra la fragilità dell’impianto accusatorio. Se non si trovano prove contro Sempio, perché si cercano i Dna dei suoi amici? È un inseguire suggestioni. Per settimane si è detto che Chiara aveva fatto colazione con i suoi assassini, poi si scopre che nella spazzatura c’è solo il Dna di Stasi, e allora quella non è più la spazzatura degli assassini».
Alla domanda su quali potrebbero essere le conclusioni di questa fase investigativa, Bruzzone risponde: «Attendo che la Procura tiri le somme. Ma, con quanto abbiamo visto finora, non credo che ci sarà nemmeno un processo. Chiara è stata uccisa in modo brutale, per l’assassino rappresentava un problema, un motivo di vergogna. Gli errori compiuti nelle prime fasi dell’indagine, come la cancellazione delle attività del pc della sera prima, hanno impedito di chiarire il movente. Ma c’è una sentenza passata in giudicato e in quella nessuno ha mai parlato di concorso. Se si vuole indagare su altri scenari, bisogna prima togliere Stasi dalla scena. Rispetto il lavoro degli inquirenti – ha concluso – ma spero che, se non troveranno nulla, avranno anche la forza di ammetterlo pubblicamente».