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Garlasco, la difesa di Stasi sull’impronta 33: “Potrebbe esserci del sangue”

Il precedente del 2007 e i dubbi mai sopiti

Non è la prima volta che l’impronta sulla parete della casa dei Poggi finisce sotto la lente degli esperti. Già nel 2007, a pochi mesi dal delitto, fu eseguito un test per verificare la presenza di sangue nella traccia: il risultato fu negativo. Tuttavia, i consulenti della difesa di Stasi contestano oggi la validità di quell’analisi, suggerendo che le tecniche moderne possano portare a conclusioni diverse. L’elemento innovativo introdotto dalla nuova relazione è la reazione “anomala” alla ninidrina, che – secondo Ricci, Linarello e Ghizzoni – sarebbe compatibile con la presenza di emoglobina o altri residui ematici. Se confermata, la scoperta potrebbe avere un impatto rilevante sul quadro accusatorio complessivo e sulle ricostruzioni fatte finora.

Il delitto di Garlasco continua a generare colpi di scena

Il caso Garlasco, a distanza di quasi vent’anni, continua a essere al centro di attenzione mediatica e giudiziaria. Il recente coinvolgimento di Andrea Sempio, mai indagato formalmente, ha riacceso il dibattito su prove, responsabilità e verità processuale. Ora la difesa di Alberto Stasi, condannato in via definitiva nel 2015, tenta di riaprire un varco nella narrazione dominante. Resta da capire se le nuove analisi richieste verranno autorizzate e soprattutto quali risultati forniranno. In uno scenario dove ogni dettaglio può ribaltare interi processi, la presunta presenza di sangue sull’impronta 33 rischia di riaprire fronti investigativi che sembravano ormai chiusi. Un’altra svolta in una vicenda che sembra non voler trovare una fine definitiva.

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