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Alberto Scagni uccise la sorella Alice: cosa gli hanno fatto i detenuti in carcere

Social. Il caso di Alberto Scagni, l’uomo condannato per l’omicidio della sorella Alice a Genova, ha preso una svolta scioccante. Dopo aver ricevuto una condanna di 24 anni e 6 mesi, Scagni è stato recentemente vittima di un brutale attacco all’interno del carcere di Valla Armea, un episodio che riporta alla luce le problematiche della vita carceraria e la sicurezza dei detenuti.

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Alberto Scagni sequestrato e torturato dai detenuti

Alberto Scagni è stato tenuto in ostaggio e torturato per ore da due detenuti marocchini nel carcere di Valla Armea, un’aggressione che lo ha lasciato in condizioni gravi. È stato salvato solo dall’intervento tempestivo della Polizia Penitenziaria. Secondo l’avvocato di Scagni, questa è stata la seconda aggressione subita in pochi giorni. Scagni, condannato per l’omicidio della sorella 34enne Alice, è stato riconosciuto come “seminfermo di mente” al momento del delitto. Nonostante le richieste di intervento da parte dei genitori e il trattamento obbligatorio alla Salute Mentale, il tribunale ha stabilito la sua piena capacità di intendere e volere. L’accusa di omicidio volontario aggravato da premeditazione e crudeltà pone in rilievo la complessità della salute mentale e della giustizia penale.

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La denuncia del segretario regionale

La situazione nel carcere di Valla Armea, dove si trovano oltre 290 detenuti, è stata descritta come “invivibile” da Vincenzo Tristaino, segretario regionale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria (Sappe) per la Liguria.

L’episodio particolarmente violento, due detenuti marocchini hanno sequestrato e torturato Alberto Scagni, il detenuto condannato per l’omicidio della sorella a Genova. La brutalità e la durata dell’aggressione hanno quasi condotto Scagni alla morte. Grazie all’azione decisiva di un gruppo di agenti della Polizia Penitenziaria, coordinati dal Vicecomandante e muniti di caschi protettivi e scudi, è stato possibile salvare la vita di Scagni. Gli agenti hanno dovuto irrompere nella cella, affrontando una situazione estremamente pericolosa e caotica. È stato riferito che, durante l’operazione di salvataggio, è stata lanciata una gamba di legno ricavata da un tavolo, ferendo un poliziotto che ha riportato due costole rotte. Il Comandante del carcere di Imperia, il direttore del penitenziario e il magistrato di turno, presenti durante le operazioni, sono stati anch’essi coinvolti nel tumulto.

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“Ci aspettiamo una nuova aggressione a nostro figlio”

Su quanto è successo ad Alberto è arrivato anche il commento della mamma, Antonella Zarri. “Lo Stato ha fatto in modo che Alice morisse e finirà per restituirci un cadavere anche con Alberto”, ha detto la donna. Aggiunge poi: “Ci aspettiamo una nuova aggressione a nostro figlio. La temiamo. E sappiamo che questo accontenterà la pancia di molte persone perché ormai in Italia più che la giustizia ci si aspetta la vendetta. Anche se Alberto è ostaggio dello Stato noi abbiamo ancora il coraggio di andare avanti e ribadire la verità: lo Stato ci ha abbandonato nella figura delle istituzioni di salute mentale e delle forze di polizia, secondo noi in modo plateale. È uno schiaffo questo abbandono dello Stato, incomprensibile. E parlo dell’omicidio di Alice. Quante telefonate di minacce di morte registrate, quante richieste di aiuto. E lo Stato non ha fatto in modo che Alice non morisse”.

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