Incidente Air India, spunta l’ipotesi del gesto volontario del pilota Sumeet Sabharwal
Nonostante le voci interne alla compagnia, Air India ha confermato ufficialmente che sia Sabharwal che il co-pilota erano pienamente idonei a volare. Entrambi avevano superato gli esami medici richiesti dalle normative internazionali, e nulla, almeno sulla carta, avrebbe fatto presagire un rischio in volo.
Tuttavia, la possibilità che il comandante potesse essere turbato al punto da compromettere la sicurezza dell’aereo è oggi oggetto di esame. Gli investigatori analizzano ogni dettaglio: registrazioni audio della cabina, dati del volo, e comunicazioni radio, cercando risposte che possano chiarire cosa sia successo nei minuti prima dell’impatto.
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Un’ipotesi che scuote l’opinione pubblica: gesto volontario?
Quella che inizialmente era una delle tante ipotesi al vaglio, prende ora corpo anche grazie alle dichiarazioni di colleghi e fonti vicine al pilota. Il sospetto che Sabharwal possa aver compiuto un gesto estremo si basa su indizi psicologici e comportamentali, ma manca ancora la prova definitiva.
Ranganathan non usa mezzi termini: «Il lutto per la morte della madre, la solitudine del padre e i segnali di sofferenza psicologica possono aver pesato sul suo stato emotivo». L’inchiesta della magistratura indiana resta aperta e delicata, anche perché si tratterebbe di un atto volontario con effetti devastanti, che rimetterebbe in discussione i protocolli di valutazione psico-fisica dei piloti. Mentre il mondo attende risposte, il caso riapre ferite mai chiuse nella storia dell’aviazione civile, e solleva una domanda cruciale: è possibile prevenire simili tragedie quando l’instabilità si cela dietro l’uniforme?