Agenti allo stremo e tensioni crescenti
Il discorso del Presidente ha dato anche voce a un altro grande assente nel dibattito pubblico: il personale penitenziario. Gli agenti, costretti a operare in condizioni proibitive, sono spesso l’ultimo argine tra il disastro e la sopravvivenza dell’intero sistema. Aumentano le aggressioni, lo stress psicologico, i turni massacranti. Eppure, i riflettori raramente si accendono su chi lavora ogni giorno dietro le sbarre.
Mattarella ha voluto riconoscere il lavoro e il sacrificio di questi uomini e donne, spesso dimenticati, e ha sottolineato come la sicurezza e la dignità del carcere passino anche dalla tutela di chi vi lavora. Nessuna riforma sarà possibile senza tenere conto del ruolo centrale della Polizia Penitenziaria e delle condizioni in cui è costretta a operare.
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Il silenzio degli italiani e la chiamata alla responsabilità
Ma c’è un punto che rende questo appello ancora più potente: Mattarella non si rivolge solo alle istituzioni, ma a tutto il Paese. Quando parla di interrogarsi, lo fa con tono diretto, come se volesse scuotere le coscienze di ogni cittadino. Il dramma delle carceri italiane non può essere più ignorato, nascosto dietro statistiche fredde o titoli sfuggenti.
Il Presidente invita l’Italia a guardare in faccia una realtà che spesso preferisce non vedere. E lo fa da una posizione che conferisce alle sue parole un peso politico e morale ineludibile. La speranza è che, questa volta, non restino inascoltate.