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Infarto, fate attenzione a questo segnale: si vede dagli occhi. Lo studio è rivoluzionario

Uno nuovo studio rivoluzionario ha scoperto un segnale che potrebbe indicare la presenza di un infarto in corso. Tutti devono fare attenzione e riguarda gli occhi. Lo studio verrà presentato a Vienna, alla conferenza annuale della Società europea di genetica umana. Il “Guardian”, però, ha anticipato alcuni importanti anticipazioni. In questo articolo vi riportiamo tutti i dettagli. (Continua dopo la foto…)

Cos’è l’infarto

L’infarto è la necrosi di un tessuto per ischemia, ovvero un deficit di flusso sanguigno. I sintomi sono diversi a seconda dell’organo interessato, ma il sintomo principale è rappresentato da dolore acuto di varia intensità. L’infarto, però, può essere anche asintomatico, soprattutto quando si tratta di dimensioni molto piccole. La sindrome acuta è provocata da una insufficiente irrorazione sanguigna ad un organo o a parte di esso, per una occlusione improvvisa o per una stenosi critica delle arterie che portano il sangue in quel distretto dell’organismo.

Le forme cliniche più frequenti sono: infarto cerebrale, infarto miocardico acuto, infarto intestinale, embolia polmonare oppure infarto di un arto. Il più frequente fra tutti è quello del miocardio. Nell’infarto miocardico l’organo interessato è il cuore. L’infarto cerebrale, invece, è responsabile dell’80% dei casi di ictus.(Continua dopo la foto…)

“Può essere fatale”: infarto, il sintomo che fa scattare l’allarme

Il nuovo studio

Durante la conferenza annuale della Società europea di genetica umana che si terrà a Vienna sarà presentato l’ultimo studio che dimostra che con una semplice visita oculistica non invasiva può essere in grado di prevedere il rischio di infarto. Come riporta il “Guardian”, gli studiosi avrebbero scoperto come la combinazioni di informazioni sui vasi sanguigni nella retina, combinata con i fattori clinici tradizionali, abbia consentito loro d’identificare meglio il rischio di un attacco di cuore. La dottoranda autrice della presentazione, Ana Villaplana-Velasco, ha spiegato: “Sorprendentemente, abbiamo scoperto che il nostro modello è stato in grado di classificare meglio i partecipanti con rischio d’infarto miocardico basso o alto nella biobanca britannica rispetto ai modelli consolidati che includono solo dati demografici. Il miglioramento del nostro modello è stato ancora maggiore quando abbiamo aggiunto un punteggio relativo alla propensione genetica allo sviluppo d’infarto miocardico“.

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