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Garlasco, sei impronte ignote sulla scena del crimine

Il caso dell’omicidio di Chiara Poggi torna a infiammare l’opinione pubblica a 18 anni dai fatti. Le ultime analisi tecnico-scientifiche condotte dai consulenti nominati dalla Procura di Pavia rivelano sei impronte palmari mai identificate nella villetta di via Pascoli a Garlasco, e cinque tracce digitali sul portone d’ingresso, anch’esse rimaste senza nome. Nessuna corrispondenza con i profili noti del caso. Un nuovo enigma si affaccia in un’indagine che continua a riservare colpi di scena.

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Sei impronte misteriose sulle pareti della scala: nessuna corrispondenza

Le sei tracce palmari rinvenute sulle pareti della scala che conducevano al seminterrato, dove venne trovato il corpo di Chiara Poggi, restano oggi senza identità. A rilevarlo è la relazione redatta dai consulenti Gianpaolo Iuliano, esperto del RIS dei carabinieri, e Nicola Caprioli, dattiloscopista forense, incaricati dalla Procura di Pavia. Le impronte, definite “comparabili ma non identificabili”, non sono state attribuite a nessuna delle persone finora coinvolte nelle indagini. Sono esclusi Andrea Sempio, l’amico del fratello di Chiara recentemente finito sotto la lente degli inquirenti, Alberto Stasi, unico condannato in via definitiva, i familiari della vittima, Stefania Cappa (una delle cugine di Chiara) e gli amici di Marco Poggi, tra cui Alessandro Biasibetti, Roberto Freddi e Mattia Capra. Il fatto che non vi sia corrispondenza con nessuno di loro apre nuovi interrogativi: chi ha lasciato quelle impronte? E perché si trovavano proprio lì?

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Cinque impronte digitali sul portone: focus sulla “mano sporca”

Non è tutto. I consulenti hanno rianalizzato anche le tracce digitali rilevate sul portone d’ingresso della villetta, sia all’interno che all’esterno. In totale sono cinque impronte non identificate, anch’esse considerate comparabili ma non sufficienti per una profilazione certa. Anche in questo caso, sono stati esclusi tutti i soggetti principali dell’inchiesta, da Sempio e Stasi agli altri noti alle indagini. In particolare, torna alla ribalta la cosiddetta impronta n. 10, già segnalata dagli investigatori nel 2020 e che si trova sull’anta mobile del portone interno. Si tratterebbe dell’impronta di una “mano sporca”, una traccia inquietante su cui, all’epoca, non venne effettuata alcuna indagine biologica. Il sospetto è che vi potesse essere presenza di sangue, ma tale ipotesi non fu mai verificata. Ora, nel quadro del maxi incidente probatorio, verranno effettuati accertamenti genetici sui paradesivi contenenti i residui dattiloscopici.

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